Litiasi renale
In questa pagina sono pubblicate alcune domande che ci vengono frequentemente poste.

Sperando di fare cosa gradita le mettiamo a disposizione per una migliore comprensione e utilita' 

 

 

Domande frequenti (Frequent asked questions or FAQ) sulla calcolosi renale.

 

A cura di Marco Lombardi e Giuseppe Quintaliani.

 

La nefrolitiasi è una patologia con elevata prevalenza ed incidenza nel nostro paese e nel mondo, ma sorprendentemente non ha trovato una dignità di considerazione pari alla sua diffusione. Per tal motivo sta prendendo campo sul web [1-3] il tentativo di aumentarne la conoscenza in modo sempre più consapevole da ambo le parti : i pazienti chiedono, i medici (specialisti) rispondono, con quelle che sono oggi definite FAQ.

Di seguito sono riportate le FAQ pubblicate sul portale nefrologico italiano “Renalgate” [1], che ha intrapreso a trattare l’argomento, con una certa dovizia e con un taglio particolarmente mirato alle esigenze dei pazienti.

 

  1. Quali sono i fattori di rischio per la nefrolitiasi ?

  2. Che tipo di valutazione clinica s’impone in una nefrolitiasi recidivante?

  3. E’ possibile sciogliere i calcoli renali senza dover ricorrere a manovre più o meno invasive?

  4. Per quanto tempo può stare un calcolo incuneato nell’uretere senza produrre danni al rene sovrastante (in un paziente, con una funzione renale normale)?

  5. In caso di colica renale è sempre giustificato l’uso di un antispastico?

  6. Quale tipo d’acqua dovrebbe bere un paziente affetto da nefrolitiasi recidivante?

  7. E’ possibile ottenere una terapia ed una dieta specifiche in base alla sola composizione di un calcolo renale?

  8. Che tipo di dieta si consiglia in una nefrolitiasi recidivante ed esiste una dieta che riduca l’ossaluria?

  9. Perché nel campo specifico della calcolosi renale si ravvede così frequentemente del ‘pressappochismo’ sia da parte di molti medici generici che specialisti? Perché è difficile ottenere diete e terapie specifiche?

  10. Una volta tanto s’invertono le parti. Una domanda dallo specialista al paziente: secondo lei è più importante eliminare i calcoli esistenti o prevenire l’insorgenza dei nuovi?

 

1.     Quali sono i fattori di rischio per la nefrolitiasi ?

I principali fattori di rischio per la nefrolitiasi (o calcolosi renale) possono essere grossolanamente distinti in fattori individuali od ambientali ma è più spesso dal loro concorso, che si sviluppa la malattia.

Tra quelli individuali sono da annoverare la razza ed il sesso (la popolazione bianca di sesso maschile ha più probabilità di ammalare), l’età (massima frequenza tra i 45 e i 65 anni), la famigliarità alcuni stati patologici tipo, l’ipertensione arteriosa, l’obesità (specie nel sesso femminile) e più specificamente errori “metabolici”:

-         eccesso di promotori della calcolosi come per eccessiva eliminazione urinaria di calcio, ossalato, acido urico, sodio, ad esempio

-         carenza di inibitori della calcolosi come per ridotta eliminazione urinaria di citrato o magnesio, ad esempio.

Questi cosiddetti fattori di rischio “metabolici” possono ovviamente esser ricercati mediante un adeguato screening cosiddetto metabolico o della nefrolitiasi.

Tra quelli ambientali svettano il clima e la latitudine in cui si vive (peggio se caldo-umido), le condizioni socio economiche (peggio se aumenta il benessere), l’attività lavorativa, le abitudini dietetiche (diete ricche in proteine d’origine animale e in sale ma soprattutto povere di liquidi), la sedentarietà, tabagismo, ecc.

 

2.     Che tipo di valutazione clinica s’impone in una nefrolitiasi recidivante?

La miglior valutazione clinica per una nefrolitiasi che ricorre è quella che comprende una ricerca dei possibili fattori di rischio metabolico implicati (screening per la nefrolitiasi). Questa consiste nell’esecuzione di esami del sangue e delle urine (delle 24 ore ed a digiuno), che devono essere eseguiti generalmente con alcune semplici accortezze:

-         durante un periodo di dieta libera, che va trascritta -almeno negli ultimi tre giorni prima degli esami- su un diario dietetico

-         senza assumere terapie specifiche (a meno che non si voglia controllare la bontà delle prescrizioni)

-         con raccolta delle urine delle 24 ore essere eseguita correttamente (in modo completo, acidificata, ecc).

Poiché tal screening metabolico ha un costo non trascurabile, la maggior parte dei Centri/medici, che s’interessano di nefrolitiasi non lo propone indiscriminatamente a tutti i pazienti. A quei pazienti in cui non sussiste un elevato rischio di recidive tale screening generalmente non si pratica e si consigliano delle semplici ma efficaci regole dietetiche di primo livello. Sono questi generalmente pazienti oltre la mezza età che si presentano al primo episodio di calcolosi renale. Le regole dietetiche di primo livello consistono in una dieta normocalorica sul peso ideale, normocalcica, normoproteica (0.9-1.0g/Kg/die, con predilezione per le proteine d’origine vegetale) ed infine normosodica.

Viceversa a quei pazienti che presentano fattori di rischio più consistenti viene proposto lo screening; sono in genere pazienti più giovani, che si (ri)presentano con storia di numerose coliche/calcoli spesso ad entrambi i reni: ovvero sono affetti da calcolosi recidivante.

Ma il consiglio igienico-dietetico dal quale non si può prescindere per qualsiasi tipo di nefrolitiasi al primo episodio -od ancor peggio se recidivante- è quello di portare la diuresi in qualsiasi stagione dell’anno e per qualsiasi attività fisica oltre i due litri e mezzo nelle 24 ore. Ciò andrà monitorato autonomamente dal paziente con delle misurazioni ‘random’ (o casuali) praticate una volta al mese od almeno ai quattro cambi di stagione e per variazioni sostanziali nelle abitudini di vita.

 

3.     E’ possibile sciogliere i calcoli renali senza dover ricorrere a manovre più o meno invasive?

Purtroppo non è sempre possibile liberarsi dai calcoli renali con la sola terapia medica e quindi senza invasività e/o manovre urologiche intra/extracorporee. La maggior parte dei calcoli renali sono dei veri e propri sassi e come tali non sono aggredibili da alcuna sostanza assumibile, per bocca o somministrata per altra via. Si tratta di calcoli costituiti da calcio, ossalato, fosfato, carbonato, magnesio, ecc, o misti e formati da alcuni dei già citati composti insieme agli urati. Sono viceversa ‘scioglibili’ solo quei calcoli formati unicamente da acido urico/urati o cistina, entrambi sensibili all’aumento del pH urinario.

 

4.     Per quanto tempo può stare un calcolo incuneato nell’uretere senza produrre danni al rene sovrastante (in un paziente, con una funzione renale normale)?

Un argomento assai delicato proprio perché non esiste il paziente prototipico ma come spesso accade ogni essere umano si rivela un caso a se stante, per il quale ogni previsione può esser smentita. I grandi numeri aiutano nelle previsioni corrette ma il singolo caso necessita una presa in carico assolutamente personale ed individuale. Pertanto quanto di seguito riportato deve intendersi per il cosiddetto individuo medio assegnatoci dall’elaborazione statistica di una moltitudine di diversi pazienti.

Generalmente viene data importanza alla posizione, dimensione e grado di ostruzione che il calcolo ureterale determina al rene sovrastante. Preso atto che calcoli di dimensioni non superiori a 4 mm Ø generalmente vengono eliminati facilmente e che quelli tra 4 e 6 mm Ø sono eliminati nel 70% dei casi, quelli con diametro superiore a 7 mm Ø sono eliminati solamente nel 5% dei casi. Se ad una sequenza di ecografie viene dimostrata un’ostruzione modesta in presenza di un calcolo inferiore ai 6 mm si può tollerare un’attesa sino a tre mesi mantenendo monitorato il soggetto. Per calcoli superiori a 7 mm o in presenza di un’ostruzione di grado elevato è prudente non aspettare, fermo restando, che si ritiene, che in presenza di un’ostruzione completa il rene subisce dei danni evidenziabili in due settimane circa.

Quanto sopra scritto ha validità in pazienti con funzionalità renale normale e senza altri possibili fattori di rischio di nefropatia (ad esempio altre malattie renali, monorene, diabete mellito, ipertensione arteriosa, iperdislipidemia famigliare, obesità, fumo, ecc).

 

5.     In caso di colica renale è sempre giustificato l’uso di un antispastico?

E’ questa un’inveterata quanto ingiustificata abitudine della medicina tradizionale Europea ed in particolare italiana. Oltre oceano questa pratica è sconsigliata, per la nota capacità che l’antispastico ha di ridurre la possibilità d’eliminare il calcolo ureterale. Oltretutto non è dimostrato, che l’antispastico sia più efficace dell’antidolorifico nel riuscire a lenire il dolore della colica, neppure in forme ove è risaputo, che il dolore della colica è particolarmente vivo (ad esempio nel rene a spugna midollare). Sempre oltre oceano, la classe medica è molto più propensa ad utilizzare antidolorifici maggiori, anche stupefacenti associati ad antistaminici, per quelle coliche che non rispondono alla categoria degli antidolorifici-antiinfiammatori non steroidei (o FANS).

 

6.     Quale tipo d’acqua dovrebbe bere un paziente affetto da nefrolitiasi recidivante?

Potrebbe essere definito come il tormentone della calcolosi renale, ed invece la cosa è più semplice di quanto si creda. Esistono diversi tipi di acqua, con diverso pH, tenore di calcio, sodio, ecc. Per coloro i quali non hanno ottenuto una diagnosi precisa del tipo di calcolosi, che li affligge (perché sono al primo episodio o perché non hanno eseguito lo screening metabolico) si può solo consigliare di assumere una quantità d’acqua sufficiente a produrre una diuresi superiore ai due litri e mezzo nelle 24 ore possibilmente povera in sodio. Discorso diverso per gli altri pazienti, che caratterizzati nella diagnosi di nefrolitiasi potranno avvalersi di un’acqua diversa secondo il problema evidenziato e quindi della diagnosi circostanziata, senza contare, che anche per loro varrà la regola di orinare oltre due litri e mezzo ogni 24 ore.

 

7.     E’ possibile ottenere una terapia ed una dieta specifiche in base alla sola composizione di un calcolo renale?

La composizione del calcolo emesso è di fondamentale importanza ma altro non è, che un tassello di quel mosaico composto dalla storia famigliare e personale del paziente, da quella radiologica, urologica e dietetica ed infine dagli esami metabolici specifici; tutto ciò serve ad arrivare in un 90% circa dei casi alla diagnosi eziopatogenetica (del come e perché in parole povere) la quale -a sua volta- è essenziale per una terapia specifica. Ci sono debite eccezioni come quella della calcolosi da acido urico che però può virare in calcolosi mista, così come per quella di cistina anch’essa spesso accompagnata da altri errori metabolici concomitanti (ipercalciuria ad esempio) nelle diverse fasi della vita del paziente. Lo stesso vale, per la calcolosi infetta ove seppur l’analisi del calcolo è importante, per confermare la diagnosi essa si basa sull’ausilio degli esami colturali urinari (ricerca del microbo che l’ha causata e dell’antibiotico per combatterlo).

 

8.     Che tipo di dieta si consiglia in una nefrolitiasi recidivante ed esiste una dieta che riduca l’ossaluria?

Ovviamente si può prescrivere una dieta solo se si conoscono i fattori di rischio metabolico sottostanti (verosimile causa principale di tal patologia). L’iperossaluria ad esempio è uno di tali fattori di rischio ma, per accertarsene si deve provvedere al suo dosaggio nelle urine delle 24 alla dieta usuale del paziente. Quest’esame generalmente fa parte dello screening metabolico per la nefrolitiasi poiché conoscere l’entità dell’ossaluria senza conoscere gli altri possibili fattori di rischio co-esistenti può aver un’utilità limitata. Né è possibile prevedere un’eliminazione urinaria eccessiva di ossalati solo attraverso la determinazione dalla composizione dei calcoli eliminati: circa il 70% dei calcoli urinari sono costituiti da ossalato di calcio! Un esempio comune è quello di un paziente che forma calcoli di ossalato di calcio, per eccessiva eliminazione urinaria di ossalato al quale viene prescritta una dieta ipocalcica. Tal dieta applicata a questo paziente non può che produrre un peggioramento della malattia perché può aumentare -paradossalmente- l’eliminazione urinaria dello stesso ossalato portando ad un aumento del cosiddetto “stone rate” ( frequenza con cui si producono nuovi calcoli oppure aumentano in numero e/o dimensioni quelli già presenti). La dieta ipocalcica, spesso prescritta genericamente e superficialmente per una calcolosi renale non adeguatamente studiata è stata una delle cause della caduta d’interesse per la nefrolitiasi nella classe medica.

 

9.      Perché nel campo specifico della calcolosi renale si ravvede così frequentemente del ‘pressappochismo’ sia da parte di molti medici generici che specialisti? Perché è difficile ottenere diete e terapie specifiche?

La calcolosi renale -una malattia antica- ha visto negli ultimi 30 anni fasi altalenanti: da momenti di favore ed entusiasmo ad altri in cui la classe medica l’ha considerata men che meno di Cenerentola. Dopo gli anni del boom in cui facili soluzioni sembravano disponibili per ogni tipo di calcolosi renale la proteiformità di questa malattia ha reso evidente nel tempo, che la calcolosi renale è data dal concorso di diversi errori metabolici, alcuni già conosciuti, altri ancora sconosciuti. La mancata presa in carico dei pazienti da parte di una delle diverse categorie mediche ha fatto si, che la calcolosi sia finita come si dice con un detto toscano ovvero “come la donna dalle belle ciglia: tutti la voglion e nessuno la piglia”. Ad aggravare poi tal situazione la convinzione inveterata di poter curare la calcolosi renale come un'unica entità consigliando una dieta generica e d’assumere più liquidi senza motivazione/informazione adeguate. Conosco casi in cui il consulto di diversi specialisti in successione ha creato una sommatoria di divieti, tale da permetter la sola assunzione d’acqua! La dieta ipocalcica indiscriminata, per la maggior parte delle nefrolitiasi è stata quella che più ha fatto disamorare all’argomento sia medici, che pazienti. Molto di tutto ciò poteva esser evitato, con l’adozione di uno studio metabolico proposto nei casi di nefrolitiasi recidivante. 

 

10.          Una volta tanto s’invertono le parti. Una domanda dallo specialista al paziente: secondo lei è più importante eliminare i calcoli esistenti o prevenire l’insorgenza dei nuovi?

E la stessa domanda: ‘è nato prima l’uovo o la gallina?’. Lo specialista che scrive crede, che siano entrambe cose importanti da scegliere in una successione logica secondo i casi. Se è comunque certamente importante eseguire entrambe le cose -per il paziente, i famigliari, il Servizio Sanitario Nazionale, la comunità, ecc- è fondamentale prevenire l’insorgenza di nuovi calcoli ovvero eliminare la possibilità che s’instauri quel ciclo perverso, che porterà inevitabilmente a disagi e spese e non ultime possibili complicanze per il paziente.

 

Voci di riferimento

1.     http://www.renalgate.it/litiasi_start.htm

2.     http://www.sin-italia.org/sinpathy/pazienti/faq.htm

3.     http://www.dietamed.it/medicina_scienza/nefrologia/nefrolitiasi/calcolosi_renale.htm