La dialisi peritoneale

 

 

 

 

 

ANATOMIA DEL PERITONEO

 

Con il termine peritoneo si intende una membrana sierosa che avvolge i visceri addominali (peri- toneo viscerale) e ricopre la parete addominale interna e gli organi retroperitoneali (peritoneo parietale).

Lo spazio virtuale delimitato dai due fogli del peritoneo è detto cavità peritoneale. Contiene una piccolissima quantità di liquido che bagna le lisce superfici della sierosa. É utile ricordare che la cavità peritoneale è totalmente chiusa nei soggetti di sesso maschile, mentre comunica con l'ester- no nelle femmine, tramite le Trombe uterine.

Il foglietto parietale del peritoneo ricopre anche la superficie del muscolo diaframma (questa por- zione viene chiamata peritoneo diaframmatico). .

La disposizione del Peritoneo Viscerale è molto più complessa di quella del Parietale, in quanto deve seguire il profilo degli organi addominali. Si formano così delle pieghe e dei recessi. Le pieghe della sierosa che fissano i visceri alla parete vengono chiamati mesi, quelle che collegano i visceri tra di essi sono dette ePiPloon. Tutta la matassa intestinale è poi ricoperta da una specie di grem- biule che, originando dal peritoneo che ricopre le facce anteriore e posteriore dello stomaco, scen- de in avanti, oltre il livello dell'ombelico nell'adulto e molto più in basso nel bambino. questa par- ticolare formazione è detta grande omento.

La sierosa peritoneale è costituita da uno strato monocellulare, detto mesotelio, che appoggia su una membrana basale continua. Questa aderisce a sua volta su un tessuto connettivale costituito da fibre collagene disposte a strati, fibroplasti, adipociti, macrofagi, vasi sanguigni e linfatici.

Le cellule mesoteliali hanno la caratteristica di essere piatte e piuttosto grandi, con nucleo roton- deggiante o reniforme, con numerosi nucleoli. Esse presentano sulla loro superficie che guarda la cavità peritoneale delle formazioni allungate dette microvilli e all'interno del citoplasma numerose vescicole pinocitotiche.

La funzione di questi microvilli è piuttosto controversa. Classicamente, si ritiene che essi abbiano la funzione di aumentare la superficie utile cellulare, al fine di favorire gli scambi di liquidi e soluti. In situazioni normali non sembra che esista tale esigenza funzionale, non essendo nota la presenza di scambi ed assorbimenti particolarmente vivaci. La seconda ipotesi si basa invece sull'osservazione che l'essudato sieroso rimane facilmente intrappolato nei piccoli compartimenti che si costitui- scono tra microvilli adiacenti; questa condizione fa supporre che i microvilli .servano come strato di protezione del mesotelio dall'attrito provocato dallo scivolamento dei visceri tra di loro.

L'area della superficie peritoneale è stata valutata tra 1,7 e 2,0 mq. Più recentemente però, è stato rivisto tale dato e con studi più raffinati si è arrivati alla conclusione che la superficie peritoneale nel soggetto adulto sia di circa 0,7-0,8 mq.

L'irrorazione sanguigna della membrana peritoneale è costituita da vasi capillari veri, senza perciti, e venule post-capillari.

I vasi Iinfatici e le lacune linfatiche sono più numerosi e con calibro maggiore, rispetto ai vasì san- guigni. Essi sono collocati più vicini al mesotelio che non i capillari ematici, posti invece più profondamente e molto distanti dalla superficie peritoneale.

É interessante notare come durante il trattamento dialitico con CAPD i microvilli si riducano notevolmente di numero. Questo conferma in qualche modo che queste microstrutture hanno una funzione in relazione all'attrito dei visceri tra di essi: quando l'attrito si riduce o scompare per la

presenza del liquido in peritoneo (come accade durante la CAPO), ad esse non è più richiesta alcu~ na funzione e quindi tenderanno a scomparire. Anche le vescicole pinocitotiche tendono a ridursi di numero.

Durante la peritonite si hanno delle modificazioni ultrastrutturali importanti..In una fase precoce dell'infiammazione, vi è essudazione di fibrina che compare nel tessuto sottomesoteliale e sulla superficie delle cellule mesoteliali. Vi è anche migrazione di polimorfonucleati dai capillari superficiali. Negli stadi più avanzati della peritonite, vi è una perdita di mesotelio, che si stacca a lembi dal connettivo sottostante e mette a nudo la membrana basale e il tessuto connettivo. La fibrina ricopre la superficie e interessa anche gli strati profondi del sottomesotelio. I capillari sanguigni appaiono dilatati e ripieni di eritrociti.

La ricomparsa del mesotelio dopo un insulto flogistico peritonitico avviene di solito nell'arco di varie settimane o alcuni mesi. Può accadere che in corso di biopsie peritoneali fatte alcuni mesi dopo una peritonite si possano osservare ancora zone dove il mesotelio è assente ed il connettivo sottostante è ispessito, si ha cioè una vera e propria mancanza di peritoneo. Si può realizzare quello che si chiama "deserto cellulare", cioè si osserva che una zona normalmente ricoperta dal mesotelio è stata sostituita da tessuto collageno, variamente jalinizzato, senza cellule e ricoperto di fibrina.

 

FISIOLOGIA E CINETICA DEL TRASPORTO DEL PERITONEO

 

Come nella dialisi extracorporea, anche in dialisi peritoneale, il sistema è costituito da tre compartimenti:

1) il comparto ematico, formato dalla fitta rete capillare peritoneale che contiene il sangue da depurare;

2) la membrana peritoneale, costituita da più strati, che si interpone tra il sangue capillare e la soluzione dializzante, fungendo da vero e proprio filtro dialitico;

3) il comparto della soluzione di dialisi, il dialisato, che ha una composizione nota e viene periodicamente introdotto nella cavità peritoneale tramite il catetere peritoneale.Il complesso

della fitta rete di capillari peritoneali costituisce il comparto ematico del sistema dialitico. I grossi e medi vasi splancnici non hanno nessun rilievo clinico nello scambio dialitico. Invece sono fondamentali i processi diffusivi attraverso le pareti dei capillari che originano in serie da arteriole fornite da sfinteri precapillari. La presenza di questi sfinteri consente di variare il numero di capillari pervi e perfusi. Si ritiene che normalmente solo il 20% di questi capillari è normalmente perfuso, con un flusso ematico complessivi di 60~ 100 mI/min, mentre il flusso ematico splancnico totale è di circa 1200 ml/min, che costituisce il 20% circa della portata cardiaca. La membrana è costituita da uno strato di cellule piatte mesoteliali peritoneali, dallo strato sottomesoteliale e dalla parete capillare con le cellule endoteliali. Come abbiamo già detto, la superficie della membrana peritoneale dializzante è recentemente stata calcolata intorno a 0,7 mq. Il flusso dei soluti avviene quasi esclusivamente per via intercellulare, grazie alla presenza di pori di vario calibro e con cut~off di 30~40.000.

 

COMPARTO DEL DIALISATO

 

 É costituito dalla soluzione a composizione prefissata e nota che introduciamo nella cavità perito, neale.In soggetti adulti il volume più comunemente adoperato è di 2000 mI mentre nel bambino si impiegano mediamente 40 mI per Kg di peso corporeo per scambio. Tali volumi possono comunque venire modificati ampiamente e fatti soggiornare in addome per tempi molto vari, a seconda della metodologia dialitica impiegata ed in base alle diverse esigenze cliniche del paziente.

Questo sistema dialitico svolge la sua funzione depurativa in base alle caratteristiche anatomo-fisiologiche ed obbedendo a leggi di chimico,fisiche

 

Trasporto diffusivo

 

Il trasporto dell'acqua e dei soluti attraverso la membrana peritoneale risponde a delle leggi chimi, co,fisiche. Risente della concentrazione delle sostanze ai due lati della membrana, delle loro dimensioni e delle cariche elettriche delle sostanze e della membrana. Il passaggio o flusso è inoltre in rapporto diretto con la superficie della membrana interessata allo scambio ed in rapporto inverso con le resistenze che queste sostanze incontrano.

Nel caso della dialisi peritoneale, le resistenze incontrate attraverso la membrana dell'acqua e dalle sostanze in essa disciolte sono numerose.

Classicamente vengono riconosciute 6 Resistenze, individuate ed enumerate a partire dal lume del 'Capillare:

 

Rl): resistenza fatta dalla pellicola di plasma stagnante lungo la faccia endoteliale della parete del capillare peritoneale;

R2): resistenza data dallo strato endoteliale del capillare;

R3): resistenza offerta dalla membrana basale capillare;

R4): resistenza del tessuto interstiziale, con le varie componenti e con il suo liquido stagnante;

R5): resistenza costituita dalle cellule mesoteliali peritoneali;

R6): resistenza fatta dallo strato di fluido stagnante sullà superficie mesoteliale della membrana peritoneale.

 

Si comprende facilmente come modifiche fisiologiche, patologiche o farmaco logicamente indotte di una o più di queste Resistenze, sia in senso riduttivo e viceversa, possano variare il flusso dei soluti attraverso la membrana.

 

UItrafiItrazione

 

Nel caso della dialisi peritoneale, l'unica possibilità che si ha di ottenere una ultrafiltrazione è quella di sfruttare un gradiente di pressione osmotica tra la soluzione dializzante e il sangue. Altre forze che sono usualmente attive nei processi di ultrafiltrazione (la pressione idrostatica e quella oncotica) non possono in questo caso essere modificate; ma sono presenti ed agiscono in maniera per così dire fissa. Non vi è infatti al momento la possibilità di modificare la pressione idrostatica e neppure di variare la concentrazione proteica all'interno dei capillari peritoneali, senza avere contemporaneamente una identica variazione sistemica generale. Per tale motivo, l'unica forza su cui possiamo agire è quella osmotica.

Come è noto, queste diverse pressioni (idrostatica, oncotica e osmotica) sono presenti in tutti i set, tori del sistema dialitico. Pertanto la forza risultante ai fini dell'ultrafiltrazione è data dalla somma algebrica delle singole componenti. Per esempio, la pressione oncotica plasmatica sarà forte e ten..

derà a trattenere acqua all'interno del capillare, mentre la pressione oncotica interstiziale e del comparto ematico saranno molto meno forti e quindi, in relazione a tale forza, l'ultrafiltrazione risulterà piuttosto scarsa. Al contrario, la pressione idrostastica sarà più alta all'interno del capillare che non nell'interstizio o nel dialisato: la forza prevalente sarà quindi in grado di favorire l'ultrafil, trazione, cioè il passaggio di acqua verso il dialisato. Lo stesso avviene per la pressione osmotica, nettamente più elevata nel dialisato che non nel plasma.

Per ottenere le variazioni di gradiente osmotico necessarie per l'ultrafiltrazione, si impiega il gluco, sio come sostanza fisiologica e non immediatamente tossica per il paziente e per la membrana peri, toneale. Il glucosio, immesso in elevata concentrazione nel dialisato, attrae acqua dall'interstizio e dal plasma verso la soluzione dialisante contenuta nel cavo peritoneale e sottrae in ultima analisi acqua al paziente.

L'impiego del glucosio ha però non trascurabili inconvenienti: alcuni derivano dal passaggio di esso verso il paziente, con conseguenti problematiche cliniche (iperglicemia, dislipidemia, obesità, ano' ressia ecc.), altri sono in rapporto al potenziale danno che l'impiego prolungato di tali soluzioni, rese ipertoniche dal glucosio, possono danneggiare significativamente la struttura e quindi la fun, zione della membrana peritoneale.

Molteplici sono quindi i fattori che influenzano l'ultrafiltrazione finale in corso di dialisi peritonea, le e si possono così riassumere:

 

a)      pressione arteriosa media e quindi pressione idrostatica all'interno dei capillari peritoneali;

b)       velocità di scorrimento del sangue nei capillari;

c)       viscosità del sangue e valore dell'ematocrito;

d)  Pressione oncotica del plasma

e)superficie della membrana peritoneale

f)entita’ del riassorbimento linfatico

 

Trasporto convettivo

 

 Con questo termine si intende quel tipo di trasporto di soluti che avviene per effetto di trascina, mento da parte del solvente durante il processo di ultrafiltrazione. Il trasporto in questo caso si rea lizza indipendentemente dal gradiente di concentrazione della sostanza trasportata ai due lati della membrana, ma dipende dal grado di ultrafiltrazione e da un coefficiente di repulsione della mem, brana verso quel dato soluto. Nel caso della dialisi peritoneale la quota di trasporto dei saluti otte, nibile con la convenzione è piuttosto limitata, perché non particolarmente elevata è l'ultrafiltra, zione.

Per concludere, accenniamo brevemente ad alcune modalità di studio della funzione peritoneale, senza entrare ovviamente nei dettagli tecnici.

L'estrazione di una data sostanza che, si ottiene valutando la concentrazione di essa nel dialisato drenato ed in rapporto al volume del dialisato stesso, ci fornisce informazioni circa la quantità rimossa in un dato periodo di tempo.

La Clearance peritoneale si calcola con le formule usuali per questo parametro e viene di solito riferita al suo valore settimanale.

n PET è un test che fornisce indicazioni circa la permeabilità della membrana peritoneale, sia in ter, mini di depurazione (si studia la creatinina) e sia in termini di ultrafiltrazione (si studia il glucosio).

 

 

IL CATETERE PERITONEALE

 

 

 

 

Si tratta di un piccolo tubo flessibile, di materiale plastico (Silastic) che viene inserito nell'addome.

L'inserzione del catetere avviene generalmente in anestesia locale, tramite apposito trocar o per via semichirurgica 2,3 centimetri sotto l'ombelico, sulla linea alba o nel muscolo retto addominale con direzione del tunnel sottocutaneo diretto verso l'alto o il basso. (Nel bambino il catetere è inserito in anestesia generale ed è spesso accompagnato da intervento di omentectomia parziale). La porzione di catetere posizionato all'interno della cavità peritoneale è dotato di un foro terminale e di numerosi fori laterali che permettono l'entrata e l'uscita del liquido dalla cavità: La parte del catetere che rimane esterna al peritoneo e fatta passare sotto gli strati sottocutanei per uscire poi a destra o a sinistra dell'ombelico è detta "tunnel". La parte del catetere che emerge dalla cute è collegata poi ad un set di trasferimento e detta "emergenza cutanea" o "exit,site".

Ancora oggi, dopo 25 anni, il catetere per dialisi peritoneale (D.P.) maggiormente utilizzato è quel, lo di Tenckhoff (TC), in particolare quello in silicone retto a due cuffie. La maggiore diffusione del TC a due cuffie sembra supportata da alcuni studi che evidenziano una minore incidenza alle infe, zioni e maggiore resistenza al trattamento rispetto a quello ad una cuffia. Diverse sono le opinioni circa il vantaggio offerto dalla forma arrotolata nel prevenire la mal posizione del catetere o l'av, volgimento dell'omento.

 

I cateteri peritoneali posti successivamente, rappresentano delle modifiche del TC nella sua parte

intraperitoneale o transparietale nel tentativo di prevenire l'insorgenza delle complicanze

più frequentemente riscontrate con l'uso di questo catetere:

 

1)      l'ostruzione da mal posizione o da avvolgimento dell' omento, dislocazine;

2)      l'ernia pericatetere;

3)      illeakage;

4)      l'esteriorizzazione della cuffia esterna;

5)      l'infezione del tragitto sottocutaneo.

Non esistono ancora in letteratura prove sufficienti a dimostrare la superiorità delle nuove configu' razioni rispetto al TC a due cuffie retto a fronte anche della facilità di inserzione e rimozione di quest'ultimo. Maggiore attenzione forse deve essere attribuita alla tecnica di inserzione e alla modalità di cura del catetere nell'immediato post operatorio e a distanza.

 

TECNICHE DI INSERZIONE

 

Medica semichirurgica a cielo coperto, senza incisione del peritoneo.

Recente è l'utilizzo del laparoscopio. Chirurgica con incisione del peritoneo.

L'approccio chirurgico è indicato nei pazienti con pregressi interventi maggiori sull'addome, non collaboranti, obesi, con pregressi fallimenti di posizionamento per via semichirurgica, diatesi emor, ragia, presenza di ernie della parete addominale che devono essere corrette prima di iniziare il trat, tamento dialitico. Consente di posizionare qualsiasi tipo di catetere. Viene preferibilmente esegui, to con anestesia generale.

 

POSIZIONAMENTO CHIRURGICO

Vantaggi: Svantaggi:

 

1)      Migliore emostasi

2)       Ritardo nell'uso

3)       Minore rischio di lesioni viscerali

4)       Ampia incisione

5)      Visione diretta del peritoneo.

6)       Possibile laparocele

7)       Anestesia generale.

8)       

POSIZIONAMENTO SEMICHIRURGICO, MEDICO

Vantaggi: Svantaggi:

 

1)      Meno traumatizzante

2)       Leakage più frequente, se immediato richiede meno giorni d'attesa prima l'inizio della terapia dell'inizio del trattamento D.P

3)       Maggiore rischio di lesioni viscerali

4)       Autonomia di gestione

5)       Scollamento del peritoneo.

 

 

REPARAZIONE DEL PAZIENTE AL POSIZIONAMENTO DEL CATETERE

 

1)      Informare il paziente

 

È un momento molto importante e altrettanto difficile per il paziente quello del "posizio, namento del catetere". È sinonimo di cambiamento di immagine corporea, di stile di vita. È la prova concreta dell'entrata in dialisi. L'informazione svolta dall'infermiere non deve limitarsi esclusivamente alla presentazione tecnica e schematica di "cos'è cosa non è, come è fatto, ecc." ma soprattutto dovrà essere un effettivo sostegno psicologico e fornire il giusto apporto educativo riguardo norme di igiene sanitaria. Di grande aiuto possono essere i colloqui di pre,dialisi svolti tra l'equipe del centro, il paziente e la sua famiglia.

 

2)      Preparazione tecnica

 

a)      La sera precedente   :

 

Intestino evacuato nel miglior modo possibile (dieta priva di scorie nei due giorni precedenti, clistere di pulizia)

Tricotomia (depilazione con crema) dell'addome sino alla sinfisi pubica

 Doccia di pulizia o igiene dell'allettato Digiuno dalla mezzanotte

Informarsi circa il programma di trattamento dialitico

 

b)      Il giorno del posizionamento:

 

Svuotamento della vescica; in presenza di diabete o nei pazienti anziani escludere il ristagno postminzionale ed eventualmente posizionare catetere vescicale.

Praticare eventuali terapie su prescrizione medica (antibiotici?)

Può essere utile la somministrazione di un blando sedativo prima del posizionamento (se in anestesia locale).

Accompagnare il paziente nel locale preposto all'intervento: sala operatoria o stanza isolata. ,

Corretto posizionamento del paziente sul lettino dell'intervento.

Assicurarsi di avere a disposizione tutto il materiale necessario al posizionamento e le sacche utilizzate per le prove funzionali. (Incanulare una vena periferica).

Posizionamento del manicotto per rivelazione P.A.

Disinfezione della cute, dell'addome (le soluzioni iodo povidone sono le più usate)

 Preparazione del paziente con camice, mascherina e cuffia.

 

c)      Prove di funzionamento:

 

durante il posizionamento si effettua un cambio sacca:

di esso vengono valutati i volumi e i tempi di carico/scarico; verrà verificata l'assenza di leakage. (Nel bimbo il carico è di 40 ml/Kg)

.

d)      Ritorno del paziente dall’intervento

 

Ancorare il catetere peritoneale.

Controllare la connessione catetere,titanio,set di trasferimento.

 Monitorare i parametri vitali

Controllare exit,site per possibile leakage e/o sanguinamento.

 

e)      Dopo il posizionamento

 

: Dopo il posizionamento del catetere il paziente dovrebbe rimanere in terapia conservativa per i 15 giorni necessari per il perfetto fissaggio del catetere da parte dei fibroblasti.

Vengono suggeriti lavaggi periodici con piccoli volumi, soprattutto nel caso che il liquido sia ematico o si noti la presenza di fibrina, per evitare l'occlusione del catetere. In generale una buona guarigione della ferita chirurgica previene l'insorgenza di ernia pericatetere o di leakage e, a distanza, l'insorgenza di infezioni del tratto sottocutaneo. A questo proposito è importante, con una buona igiene della ferita chirurgica, evitare sia la trazione sui punti di sutura del catetere mediante ancoraggio con cerotti ipoallergenici sia l'incremento della pressione intraddominale causata da sforzi di tosse o dal volume del liquido di dialisi.

 

INDICAZIONI GENERALI

 

1)      Posizionamento del catetere per via chirurgica:

 ritardare l'inizio della dialisi di 10/15 gior, ni. Lavaggi periodici del catetere con piccoli volumi di soluzione gi dialisi talvolta epari, nata. (Es. 300-400 mI + 2500 U.I. eparina, nell'adulto). Inizio della dialisi con piccoli volumi.

 

2) Se approccio semichirurgico o medico: possibile inizio immediato della dialisi peritoneale con volumi ridotti. Pazienti in posizione supina.

Ideale è l'utilizzo di un apparecchio per dialisi automatizzata (es. Home Choice) per un trattamento IPD.

Iniziare il trattamento con bassi riempimenti. Nella prima seduta il volume fissato è di 500 mI (in un paziente di 40/60 kg.)

Nella seconda seduta si mantiene lo stesso volume, nella terza si incrementa a 700/800 mI,

si aumenta poi gradualmente fino ad arrivare a 1500,2000 mI.

 

3) Rimozione dei punti cutanei di sutura dopo 7,8 giorni.

Nella cura quotidiana è importante che il paziente eviti qualsiasi tipo di traumatismo sul catetere o anomale piegature sotto gli indumenti. Particolarmente soggetto ad usura è il punto di connessione catetere,set che pertanto deve essere costantemente tenuto sotto controllo sia dal paziente che dal personale. Infine, benchè attualmente non esista una modalità di medicazione e cura dell'orifizio cutaneo universalmente accettata, va insegna, to al paziente come mantenere questa parte asciutta, pulita, ad evitare traumatismi da vestiti o trazioni e a riconoscere precocemente i primi segni di un orifizio non perfetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LO SCAMBIO DIALITICO

 

 

 

 

 

 

Per mezzo del catetere, il liquido di dialisi viene introdotto nella cavità peritoneale, scorie ed acqua ln eccesso, presenti nel sangue, passano attraverso la membrana nella soluzione di dialisi che, dopo ~,5 ore viene scaricata (CAPO). Svuotare la cavità peritoneale della soluzione di dialisi e sostituirela con una nuova soluzione è una procedura detta "scambio". Fasi dello scambio.

 Carico:

Attraverso il catetere, il liquido di dialisi raggiunge la cavità peritonealej Sosta o permanenza è la fase in cui avviene la depurazione attraverso la membrana peritoneale ,le sostanze tossiche passano dal sangue al liquido di dialisi.

 Scarico:

Il liquido di dialisi, in cui sono accumulate le sostanze tossiche, viene fatto uscire e subito dopo sostituito col liquido nuovo, ripetendo la fase di carico alla quale seguirà la fase di sosta e cosi via.

 

Raccordo catetere-Set

 È un raccordo che viene posizionato al momento dell'itl- serzione del Catetere Peritoneale, si trova tra il catetere e

il set di trasferimento. E ‘di plastica o, ancor meglio, in

"lega di titanio", materiale non deteriorabile è meno

aggredibile dai germi.

Presenta un manicotto di sicurezza e un'innesto a doppio rilievo che permette una buona aderenza al catetere, ha poi una doppia vite che assicura la connessione al set.

Set di raccordo catetere sacca

Parlando di set di raccordo tra catetere e sacca di dialisi in DP, occorre nettamente distinguere tra DP automatizzata (APD) e la manuale (CAPD). Nel primo caso infatti è meglio parlare di linee che differiscono nella configurazione a seconda dell'apparecchiatura utilizzata, nel secondo caso di set di connessione. La resistenza alle rotture, la semplicità di montaggio sulla macchina e di con, nessione alle sacche sono tra le principali caratteristiche richieste alle linee. Questi elementi, asso ciati all'insegnamento al paziente della corretta modalità di montaggio della linea all'apparecchia, tura e di connessione alle sacche, consentono di ottenere buoni risultati in termini di prevenzione delle peritoniti. A questo riguardo inoltre è molto importante che il paziente sia in grado di ricono, scere e affrontare eventuali rotture delle linee che si possono verificare nel corso della seduta diali, tica.

Diversi possono essere i modelli dei set di trasferimento indossati dal paziente. Il set, collegato al catetere, a seconda del sistema, viene riempito di disinfettante alla fine dello scambio oppure è disinfettato per contatto al termine o all'inizio dello scambio. Le configurazioni utilizzate sono:

 

miniset, set monovia con disinfettante all'estremità della connessione (iodo,povidone). Tale configurazione presenta il vantaggio di richiedere solo una connessione per iniziare lo scambio,la linea viene "lavata" con la soluzione di dialisi fresca prima del carico (flush before filI).

Tra le principali caratteristiche costruttive richieste a un set ricordiamo: resistenza del materiale all'usura manuale e da disinfettanti; dimensioni ridotte e superfici smusse; maneggevolezza e semplicità di connessione sia come tipo e numero di operazioni richieste per il cambio, sia come facilità a riconoscere la destinazione d'uso delle varie parti. Particolarmente delicata risulta la sostituzione del set (cambio set) che deve essere effettuata dal personale del Centro con criteri di asepsi e avendo cura di far seguire a questa operazione il drenaggio del liquido del cavo peritoneale in modo da lavare la connessione tra catetere e set. Infine un attento programma di addestramento del paziente deve prevedere l'insegnamento della corretta metodica di utilizzo del set, delle modalità con cui affrontare i principali incidenti connessi a questa procedura quali la rottura del set, l'introduzione del disinfettante in peritoneo o l'insorgenza di una peritonite.

 

Dove eseguire lo scambio dialitico

 

Non sempre è possibile disporre di una stanza da adibire allo scambio, più frequentemente viene scelto un angolo della camera da letto. Requisiti essenziali del locale sono:

Assenza di tende, tappeti, moquette (facilitano depositi di polvere e sporco);

il pavimento deve essere facilmente lavabile.

Tavolino e sedia di materiale facilmente pulibile (fòrmica, plastica) e posti lontano da fonti di calore (stufe, termosifoni) e da finestre. Porre sul tavolino solo lo stretto necessa, rio per lo scambio dialitico. Non utilizzare tovaglie.

L'angolo di dialisi deve essere ben illuminato (lampada da tavolo facilmente pulibile, non in stoffa).

La pulizia del locale è quotidiana.

La rimozione della polvere da tavolini sedie e altri arredi presenti della stanza va eseguita con una spugna umida.

 La pulizia della stanza è effettuata lontano da qualsiasi manovra dello scambio dialitico.

Coprire il tavolo da lavoro con un telino sempre pulito al termine del cambio sacca.

Tenere sempre chiusa la porta di accesso alla stanza di dialisi.

Animali domestici non sono mai ammessi all'interno della stanza di dialisi. .

Almeno una volta al giorno arieggiare la stanza.

 

Come lavarsi le mani

!

Legare i capelli se lunghi.

Indossare correttamente la mascherina (deve coprire bocca e naso).

Bagnare le mani e avambracci con acqua tiepida e insaponare accuratamente usando sapo,

ne liquido dispensato mediante stantuffo.

Lavare palmo e dorso delle mani e dita per 4,5 minuti sciacquando accuratamente.

Tenere quindi le mani più in alto dei gomiti per evitare che l'acqua dalle braccia scenda sulle mani ed asciugarle con carta (tipo scottex casa).

Usare poi la stessa carta per chiudere il rubinetto in modo che le mani non lo tocchino direttamente.

Conservare le mani pulite evitando di toccare materiale diverso da quello preparato precedentemente da utilizzare per il cambio sacca e medicazione dell'addome. Se si tocca qualsiasi altra cosa (maniglie, coperte, ecc.) ci si deve rilavare le mani.

 

Modalità dello scambio

 

Lo scambio del liquido di dialisi può essere effettuato con due metodiche diverse una manuale e l'altra automatizzata.

Quella manuale conosciuta come CAPD, comporta l'esecuzione di 3 ' 4 scambi, ciascuno della

durata di circa 30 minuti distribuiti nell'arco della giornata in modo da intralciare il meno possibile l'attività lavorativa e abitudini del paziente. Gli orari generalmente preferiti sono il mattino, dopo, pranzo, prima di cena e prima di coricarsi; tuttavia non esistono orari rigidi, a patto di rispettare un intervallo minimo tra due scambi di almeno 4 ore.

30 minuti per4 volte al giorno

Nel caso della dialisi peritoneale automatizzata (APD) lo scambio di dialisi è effettuato automaticamente da una apparecchiatura alla quale il paziente si "collega" la sera prima di andare a dormire e si "scollega" alla mattina quando si alza. La durata della dialisi complessivamente è di circa 8 ' lO ore per notte mentre il numero degli scambi effettuati dalla macchina è molto variabile in rapporto alle esigenze dialitiche. In questo modo è possibile durante il giorno ridurre o eliminare gli scambi, lasciando la cavità peritoneale senza liquido di dialisi 8-10 ore

 

 

 

 

 

 

 

La macchina per dialisi peritoneale notturna

 

La macchina per capd notturna pronta per l’uso

Un paziente mentre effettua la dialisi automatizzata