Raccomandazioni per la Prevenzione ed il Controllo dell’Infezione da HCV in Dialisi con la collaborazione di |
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INDICE DEI CONTENUTI
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CENNI
DI TERAPIA Storia
naturale dell’infezione Nei
pazienti in dialisi che
contraggono l’infezione HCV, l’esordio acuto è quasi sempre del tutto
clinicamente silente e quando presente compare dopo un periodo medio di
incubazione di 3 mesi. La maggior parte delle volte sono proprio gli esami
routinari di screening che pongono il sospetto d’infezione con un modesto
aumento delle transaminasi, che retrospettivamente può essere messo in
correlazione con una vaga sintomatologia astenica ed aspecifica, come in corso
di una sindrome simil-influenzale [65]. Anche nella popolazione dialitica la
percentuale di cronicizzazione è elevata, sino al 90% dei casi. L’andamento
della malattia cronicizzata è praticamente asintomatico, con modeste e
saltuarie elevazioni delle transaminasi -un indice di malattia di per se poco
sensibile- data la frequente persistenza della viremia [39]. La valutazione
prognostica a lungo termine non è ancora nota. Seppur non sembra vi sia un
aumento della mortalità correlata all’infezione da virus C nei primi 10 anni
d’infezione, l’evoluzione a lungo termine necessiterebbe di un periodo di
osservazione assai lungo, così lungo da eccedere l’aspettativa media di vita
dei pazienti in dialisi. Chi dovrebbe
essere trattato? Pur
esulando dallo scopo di questa pubblicazione si è ritenuto opportuno dare un
breve cenno informativo sulle attuali possibilità di trattamento della
malattia. Si fa riferimento alla Consensus Development Conference sul
trattamento dell’epatite C tenuta nel 1997 dal National Institutes of Health
[66]. Genericamente
il trattamento è raccomandato per quei pazienti con epatite C cronicizzata ed a
maggior rischio di progredire verso la cirrosi. Tale progressione è codificata
nelle seguenti caratteristiche: q
Livelli di transaminasi persistentemente elevati (e probabilmente di YGT
[39,67]) q
Positività alla ricerca della viremia (HCVRNA+) q
Fibrosi o infiammazione o necrosi portale alla biopsia epatica Il
trattamento deve essere preso in considerazione anche per particolari categorie
di pazienti, come i pazienti candidati al trapianto renale. E’ noto infatti
che nel paziente trapiantato, la terapia immunostimolante (interferone) aumenta
il rischio di rigetto; per contro la terapia immunosoppressiva il rigetto,
favorendo la replicazione virale può aggravare il decorso dell’epatite. Sono
in atto studi in cui interferone e ribavirina -un farmaco antivirale- sono
somministrati in associazione. Il
trattamento non è chiaramente indicato o addirittura è controindicato nei
pazienti con le seguenti caratteristiche: §
Pazienti con età inferiore
a 18 aa o superiore a 60 aa §
Pazienti con transaminasi
persistentemente normali §
Pazienti con cirrosi
avanzata a rischio di scompenso indotto dalla terapia §
Pazienti abituali
consumatori di alcol o droghe §
Pazienti con depressione,
citopenie, ipertiroidismo, trapianto renale, malattie autoimmuni, donne in stato
di gravidanza.
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